Tu e lei. Salve, Bacioni!

Tu e lei. Salve, Bacioni!

“-Ah, ciao- . Subito dopo mi ricordai che ci davamo del lei. Perché mi era venuto in mente di dire ciao, non so.

Ci fu un istante di silenzio.

-…ciao-.

A quel punto ero in imbarazzo. Non sapevo se dovevo darle del tu o del lei, anche se dicendole ciao in qualche modo le avevo già dato del tu. A volte penso di essere socialmente inadeguato. Scelsi la forma impersonale. Tipica dei socialmente inadeguati, appunto. Quelli che quando incontrano per strada qualcuno cui non sanno come rivolgersi dicono: salve.”

Ad occhi chiusi, G. Carofiglio

Ho riletto questo passo svariate volte, pensando che Carofiglio avesse colto perfettamente il punto e descritto perfettamente quell’imbarazzante passaggio dal tu al lei che uno fa senza volerlo. Chi di voi non ha mai provato questa sensazione? A me è capitato senza dubbio, non sono molto brava a mantenere e “reggere” il lei soprattutto quando sono io a doverlo gestire. Immaginate quante situazioni imbarazzanti soprattutto nel primo periodo della mia carriera mi sono capitate.

Le regole sono semplici. Il lei si utilizza in situazioni formali, lavorative e istituzionali; il tu in quelle informali, familiari e familiari. Il voi può sostituire il lei ma è ormai quasi completamente in disuso. Ho fatto una piccola ricerca, ho googolato un po’ per intenderci, e sul sito della Treccani ho scoperto che: il voi è precedente al lei, che poi i fascisti hanno abolito il lei imponendo il voi e poi siamo tornati al lei quasi non volendo più sentirlo dopo l’imposizione coatta. Ci può stare, e poi, più semplicemente, è brutto.

Una cosa è sicura: il lei mantiene la distanza, crea il giusto setting terapeutico. Ci serve forse come barriera, per sentirci protetti dietro la nostra professione? Si può mantenere la giusta distanza terapeutica anche dando del tu?

A volte credo sia necessario, il più delle volte credo che il ruolo si riesca a gestire anche senza formalità, attenti sempre a non scivolare su piani troppo “amicali”. Siamo terapeuti, mica confidenti! Ma non siamo forse anche persone come i nostri pazienti? Potrebbe succedere che i nostri pazienti arrivano incazzati e devono sentirsi a proprio agio nell’affermare: “Dottorè, non puoi capì, oggi come mi sono incazzato!” Non li costringiamo a dirci: Dottoressa non so come dirlo, come spiegarlo. Oggi il mio capo è stato veramente scortese, ecco, mi ha provocato un nervosismo che non saprei come descrivere.”

Forse sbaglio, ma finora il concedere il tu nel setting terapeutico dopo un po’ ha fatto sentire sia me che la persona davanti a me a proprio agio. Rimango convinta che in alcune situazioni e in alcuni ruoli il lei dovrebbe essere obbligatorio. Forse sbaglio anche qui, viviamo in un periodo un po’ confuso, il lei sta perdendo campo, sembra indebolito dall’immediatezza delle comunicazioni sui social. Arriveremo al punto massimo di confusione, inizieremo le frasi con salve e le finiremo con bacioni.

Ultimi post